''Per anni scorie tossiche nelle terre di Morcone e Ceppaloni''



Leggete queste rivelazioni. Sono tratte da un libro dal titolo “La Malasorte, Storie dal carcere”, edito da L’Altra Voce e pubblicato per la prima volta nel febbraio 2011. Come si specifica nella prefazione, fatti e personaggi sono reali. “Nei primi anni Ottanta a Gricignano d’Aversa ho creato un’impresa per il trattamento dei liquami, pozzi neri, fanghi tossici. Dovevo bonificare questi rifiuti, renderli inerti o trasformarli in concime. In realtà abbiamo semplicemente sversato per anni i liquami nelle campagne del casertano. Quando poi l’impresa è cresciuta, abbiamo deciso di trattare anche le scorie radioattive ed i rifiuti tossici, quelli molto pericolosi delle industrie che lavorano metalli pesanti. Abbiamo scaricato centinaia di camion anche qui a Benevento, nel comune di Ceppaloni e di Morcone. In alcuni casi abbiamo seppellito fusti sigillati. Con la pala meccanica scavavamo enormi buche tanto da accogliere all’interno diversi camion, che sganciavano sul fondo il cassone. Poi, dopo essere risaliti in superficie, immediatamente l’escavatore ricopriva tutto con la terra. Addirittura in un caso abbiamo comprato un tappeto erboso ed in un altro sito è stato costruito un allevamento di cinghiali. Tutto andava per il meglio quando improvvisamente uno dei soci della ditta incaricato di acquistare i terreni, un certo Piccirillo (Ciro – n.d.r.), fu ucciso nel 1997. Da allora la mia vita è un inferno. Temo di essere ucciso, sono a conoscenza di troppi segreti”.
Tra gli episodi narrati, anche il tentativo (fallito) di sistemare le ecoballe a Morcone: 
“Nel 2007 il Comune di Morcone aveva deliberato per l’insediamento di un deposito per le “ecoballe sporche del casertano, che non potevano essere smaltite attraverso il termovalorizzatore. Un affare da cinque milioni di euro. Abbiamo comprato una cava di pietra ormai in disuso a Colle Alto per 500.000 euro. Era tutto pronto. Avremmo accatastato una montagna di ecoballe, come le piramidi egiziane, se la Regione Molise non si fosse messa di mezzo. Addirittura nel gennaio 2008 fu organizzata una manifestazione di protesta con cinquemila persone davanti alla Provincia di Benevento. Prima eravamo tutti d’accordo: Comune, Provincia, Regione. Poi improvvisamente tutti hanno fatto marcia indietro, compreso il sindaco di Morcone, che fino a quel momento era stato molto intraprendente”.

Come appare chiaro le rivelazioni ruotano attorno al milionario business dei rifiuti. Un affare in cui la mala campana avrebbe giocato un ruolo primario. La veridicità di quanto riportato nel libro troverebbe effettivo riscontro in alcuni episodi di cronaca giudiziaria. 

Lo scorso 11 luglio (di seguito traiamo da Sannio Press n.d.r.) i Carabinieri della Compagnia di Cerreto Sannita eseguirono un´ordinanza di sequestro patrimoniale, emessa dal Tribunale di Benevento, nei confronti di Giuseppe Ciotta, conosciuto anche come “Baff´ e Fierr“ e secondo gli inquirenti affiliato al clan Pagnozzi operante nella valle Caudina. Ciotta nel febbraio 2009, è stato anche sottoposto alla misura della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno nel comune di Benevento.

“L´indagine dei Carabinieri – si leggeva nella nota diffusa allora dall’Arma – ha origine dall´acquisizione di una cava sita in Morcone, avvenuta nell´ottobre del 2007, a seguito di un’asta fallimentare presso il Tribunale di Benevento, da parte della ex moglie del suddetto, titolare di un´impresa, per un importo di Euro 480.500,00. L´area in questione, il mese successivo, venne individuata dal Commissario Straordinario per l´emergenza dei rifiuti in Campania per lo stoccaggio di ecoballe e, successivamente, nel gennaio 2008, anche a seguito di una sentita e forte manifestazione di protesta, cui presero parte circa 5000 mila persone di quell´area, provenienti anche della limitrofa regione Molise, fu ritenuta non adeguata dal punto di vista ambientale”.
- il pubblico ministero Donato Ceglie, nell’ambito dell’Operazione Chernobyl, il 1° luglio 2007 emise un’ordinanza di custodia cautelare a carico di Giustino Tranfa, ritenuto responsabile, di fatto, di quella Fra.Ma. sas che sarebbe stata fra le protagoniste della «piovra tentacolare» che realizzava profitti da milioni di euro riversando nell’ambiente, senza alcun trattamento, tonnellate di sostanze altamente cancerogene spacciate per compost (un fertilizzante ricavato dai rifiuti organici dopo appropriate lavorazioni, che qui invece risultavano inesistenti), fra cui perfino liquami derivanti dalle fosse settiche delle navi in transito nel Porto di Napoli o materiali tossici di risulta degli ospedali. Soltanto a Ceppaloni sarebbero stati inquinati ben cinquemila metri quadrati di terreno. Di qui la morsa stringente delle accuse – dal traffico illecito di rifiuti speciali all’associazione per delinquere, fino al disastro doloso ambientale – che portò in manette Tranfa («effettuava lui stesso trasporti di rifiuti con automezzi non iscritti all’Albo gestori ambientali»), Ferdinando Mattioli ed un terzo ceppalonese, il 28enne Amabile Pancione, che secondo l’accusa si preoccupava di dirigere le operazioni di smaltimento illecito, reperire nuovi terreni e di fungere da vedetta .

Manca, dunque, un terzo ed inquietante tassello: chi smaltì e dove le scorie radioattive ed i rifiuti tossici si cui si parla nel libro a proposito di Morcone (o, forse, Cerreto)?

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