Giuseppe Fortunato- da 'Il Sannio Quotidiano'
Non un
ferragosto malvagio per la comunità santagatese. Chi si attendeva il flop è
rimasto deluso. Soprattutto il tardo pomeriggio e la serata del 15 hanno –
infatti - riscontrato discrete presenze.
Bar e ristoranti – nello specifico –
non avrebbero visto scendere le lacrime
dalle rispettive casse. Un po’ di ossigeno – finalmente - in un momento nero. La
gente è venuta a Sant’ Agata dei Goti consacrando – ancora una volta – quale
sia la vocazione e l’ appeal della cittadina saticulina. Se è vero, infatti,
che la giornata votata alle gite fuori porta vede quali principali direttive
mare, montagna e città d’ arte - e se,
come evidente, noi non siamo né la prima, né la seconda – non resta che l’
ultima scelta. A quelli più ciechi tra amministranti ed amministrati - che
ancora non se ne fossero resi conto – ribadiamo, ancora una volta, come Sant’
Agata dè Goti sia – e sia vista – quale prestigiosa meta culturale. Sant’ Agata
dei Goti è stupenda sintesi di civiltà varie, è profumo di storia, è
architettura, è millenaria vita, è sapore e fragranza di una sapiente tradizione
gastronomica. Qualche tempo fa parlavo con un signore del luogo che mi diceva,
con la sua aria tipicamente saccente “ Che cosa devono aprire a fare i
monumenti e le chiese? Qui a Sant’ Agata non viene gente che capisce queste
cose”. Prima di non salutarlo – da maleducato quale sono – gli feci notare “Fin
quando non verranno aperti, che ci deve venire a fare?”. Non sa neppure ciò
che dice quel signore. Sant’ Agata dei Goti è nota ad un pubblico culturalmente
più che valido; se, poi, si è stati capaci di attirare solo quello tipico di un
certo tipo di sagra – beh, cari signori – ciò è solo colpa delle varie
amministrazioni, cattive sponsor del loro stesso prodotto. Se – insisto - nel
nostro paese venisse solo il gregge di pecore, questo passerebbe indifferente
dinanzi alle nostre strutture d’ attrazione. Ed, invece, non è così. Basti dire
che un ‘gregge’ di 6.000 persone ha fatto ingresso – durante i giorni di Papa
N’Sisto - nella struttura ecclesiastica sita nei pressi dei portici.
Soffermandosi, guardando, ammirando. Non proprio una mandria di pecore, ma
gente sensibile ad un certo tipo di discorso. Ma torniamo alla giornata
‘ferragostiana’. Con piacere ha visto aperte – in momenti differenti – la
chiesa di Sant’ Angelo in Munculanis, il Duomo, gli appartamenti alfonsiani e
la chiesa di San Francesco. E, con ancora più piacere, quello che è Sant’ Agata
l’ ho visto dipinto sulla faccia di una donna brizzolata appena uscita dal
Duomo. Estasiata, incredula. L’ ho sentito – sempre ciò che siamo - nel
‘wonderful’ di un uomo di mezza età che era uscito da ‘San Francesco’. La gente
ha fatto ingresso nei luoghi di attrazione, non ha esitato. Quella che si è
palesata, però, è stata la mancanza di una struttura che guidasse, accogliesse
ed orientasse la gente. E’ mancato il cuore dell’ accoglienza. Il paese avrebbe
assunto una diversa parvenza se, ad esempio, un classico ‘bancariello’ fosse stato
‘riempito’ da una coppia di signorine. Deputate – queste – ad accogliere le
persone. A distribuire mappe del centro storico con evidenziati i punti di
attrazione. Da aprire tutti e sempre – come ovvio – e non solo alcuni e solo a
volte. E sarebbe stata sicuramente molto più completa la visita del turista nel
sentirsi spiegare il perché di quel muro, il come di quel quadro, la storia di
quella cappella. Sarebbe stato tutto diverso se – alla gente che
inconsapevolmente sfilava per via Roma – qualcuno avesse indicato l’ esistenza
degli appartamenti alfonsiani aperti a soli pochi metri. Appello finale. Diamo
ai giovani la possibilità di crescere. Diamola a quelli della ‘Voce del
Popolo’, nuovo motore di speranza del paese. A quelli di Elpida, altrettanto propositivi
e volenterosi. Sfruttiamo questa bella gioventù, poniamo nella loro voglia di
fare le chiavi del paese. In seno alla prima associazione si coltiva – in modo
particolare - il proposito di creare una struttura deputata a guidare
turisticamente i visitatori, nonché alla custodia dei luoghi. Agevoliamoli
nella burocrazia, andiamo loro incontro. Educhiamoli, formiamoli, spingiamoli
in questo loro progetto. Assecondiamo la loro voglia di fare. Ponendoli, magari sotto la guida di una figura –più
esperta e sapiente nel settore- che – almeno inizialmente - li coordini e li
orienti. Non sperperiamo, però, questo immenso patrimonio di dinamismo e di
preparazione. Apriamo tutto ciò che si può aprire, dalle cantine ai campanili.
Consegniamo loro le chiavi. Se non saranno all’ altezza, le restituiranno. Ma
diamo loro una maledetta possibilità.
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