BUCCIANO- Lo scampato pericolo del 1865. La comunità ricorda

Giuseppe Fortunato - da 'Il Sannio Quotidiano'
Un vicoletto che corre attraverso case vecchie di secoli, quasi proteso – nella sua salita – verso quel monte che si staglia maestoso sullo sfondo.
Bucciano, centro storico. Un masso adagiato al limite di un cortile privato - monumento della Divina Pietà - è la finestra che si apre su una tarda serata di 147 anni fa. Illuminata - con bagliori tremendi – nel suo Taburno dominatore. “Si scatenò una tempesta tanto furiosa ed orribile su quella parte del Taburno che prospetta Bucciano, Pastorano e Case Nuove che le acque gigantesche penetrarono ancora per le finestre delle abitazioni. In quelle tre borgate v’era la desolazione che lacerava il cuore di tutti e il pallore della morte che ne tingeva il sembiante. Il popolo, di fronte a quel pericolo, volò col pensiero alla Vergine del Monte Taburno, invocandone la protezione con calde preghiere. La pietosa Vergine ascoltò in quel popolo la voce del suo pianto,  accorse nel pericolo ed allontanò di tal maniera la sventura da quel luogo, che non ebbe a morire neppure un animale”. Questo quanto riportato nelle cronache del tempo e fissato in un testo edito nel 1893. Il masso - quel masso di cui in esordio - fu strappato alla montagna dalla furia dell’ acqua. E dalla stessa depositato li, nel mezzo delle case, a rammentare la Pietà superiore che ebbe misericordia di quelle genti. Nella giornata odierna, il popolo di Bucciano celebra quell’ antico scampato pericolo. Con la Santa Messa che sarà celebrata alle ore 11 al Santuario. Alle 18.00 – ancora – si proseguirà con il la fiaccolata verso la montagna per concludersi – alle 20.00 - con una nuova celebrazione Eucaristica. In ultimo lo spettacolo di  fuochi pirotecnici. Si perpetua, quindi, il rapporto tra la comunità e la Madonna del Santuario. Una venerazione che affonda le sue profonde radici a quel 7 febbraio 1401, data in cui una fanciulla di Moiano, Agnese Pepe, sordomuta dalla nascita,  scoprì in un anfratto sul Taburno una statua della Madonna. Ed i favori della Vergine non furono limitati al solo scampato pericolo del 1865. Altri eventi prodigiosi sono rammentati nel testo dato alle stampe nel 1893.  Quale quello relativo a Pellegrino Ferraro d’ Airola, guarito dal colera dopo aver posto al petto una immagine della Madonna. O – ancora – il prodigio di cui potè godere Francesco De Masi, parroco di Airola nell’ ultimo decennio dell’ 800. Quando era fanciullo – a 4 anni circa – il medesimo  pronunciò la prima parola al cospetto della statua della Vergine. Lo aveva condotto sul Santuario la madre; il piccolo era muto sin dalla nascita. Ed – ancora – si rammenta dell’ episodio di Francesco Maione di Bucciano – fonte vivente dell’ autore del testo. “Maione” – viene riportato – “nell’ osservare gran movimento di popolo in ogni 22 di Settembre, perché si solennizzava la Vergine del Monte Taburno, prese a canzonare quella devota gente”. Rea – a suo dire – di venerare “un pezzo di legno”. Proferite appena quelle parole blasfeme, il Maione muove pochi passi e una pungente spina gli lacerò di tal modo il piede, che per sei mesi lo tenne confinato a letto col pericolo d’amputazione”.

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