Sant'Agata de' Goti, 80 anni ed una vita da barbone

(Giuseppe Fortunato da Il Sannio Quotidiano del 24 Dicembre 2017)

Una storia di fortissima precarietà sociale quella che viene da Sant'Agata de' Goti. E' quella di Francesco, uomo di circa 80 anni, che vive in una condizione di chiaro degrado nella sua abitazione di via Pincera. Uno status definibile di barbonismo domestico quello che meglio si addice all'anziano e che sembra pretendere un intervento di forza da parte delle Istituzioni preposte. Questo nella esclusiva tutela dell'interessato che, ora come ora, non appare nella condizione di potersi gestire. A segnalarci la vicenda di Francesco è l'ufficio Caritas della parrocchia dell'Annunziata, Organismo guidato dalla signora Titti Miccio. Alla Comunità ecclesiastica di don Franco Iannotta il caso dell'uomo è noto: i volontari parrocchiali, infatti, lo assistono portandogli cibo, lo spronano, lo invitano a manifestare necessità. Lo stesso fanno i vicini di casa e gli uffici sociali del Comune di Sant'Agata de' Goti. Ma v'è un problema. Francesco non si lascia aiutare, rifiuta qualsiasi forma di supporto. Dice di poter fare da se, ma è evidente che non vi riesce neppure lontanamente. Occhi azzurri, “Ciccio” esce nel cortile di casa per accoglierci. Noi all'esterno del cancelletto, lui all'interno. Una catasta di cassette di legno ricopre interamente la parte esterna della casa, sita a livello terra; la porta di ingresso semiaperta lascia intravedere un quadro interno raccapricciante. Il pavimento è nero, lurido: roba vecchia su altra ancora più vecchia è accatastata senza logica. “Stamattina dentro casa ho ammazzato due topi”, dice Ciccio. E la presenza dei ratti, che vanno e vengono a loro piacimento, è confermata anche da persone che vivono nei paraggi. Chi prepara a Ciccio qualcosa da mangiare? Chi provvede alla pulizia sua e della casa? Nessuno, sebbene qualcuno ci abbia provato – tra privati e Pubblico. Francesco si presenta egli stesso sudicio, con panni vecchi e lerci. In casa ha solo acqua fredda e, da poco, gli hanno staccato anche l'energia elettrica. Francesco è da prendere con le pinze nei suoi discorsi perchè la sua stessa lucidità lascia a desiderare. Dice di essere originario di zona Presta, di vivere in quella dimora che sarebbe di sua proprietà. Dice di percepire una pensioncina da coltivatore diretto. Ma non si comprende questi soldi dove siano, se esistano davvero, che fine facciano. Figli e mogli? Capitolo nebuloso. I suoi racconti fanno riferimento ad una prima coniuge poi morta sotto un treno, a Dugenta. E di una seconda morta, anch'ella, investita da un auto. Ma se gli chiedi quali fossero i cognomi di esse, non lo ricorda. Afferma di essere nato nel 1936 e, dai suoi racconti, emerge il ricordo di una figlioletta portatagli via quando aveva quattro anni. La linea di confine tra la fantasia e la realtà non è ben chiara nelle sue parole. L'impressione fortissima, chiara – anche ad un esame obiettivo della dimora e della persona – è quella di un soggetto che non riesce a garantire a se stesso un'esistenza dignitosa. Di una persona parzialmente lucida. Ed, allora, sarebbe da valutare – oltre a quanto già fatto dalle Istituzioni – un'azione, oserebbe dirsi “impositiva”, per la salvaguardia di Ciccio. Prima di tragici esiti.

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