Giuseppe Fortunato - da 'Il Sannio Quotidiano'
Un
paese pullulante di storia e di reperti archeologici, una pregevole sintesi d’
arte e natura. Questa è Sant’ Agata dei Goti, una ‘bella dormiente’ della quale
si attende il risveglio.
Mezzo secolo di
passività e di distrazione, di amministratori incapaci di vedere le
straordinarie ricchezze insite nei muri e nelle pietre della Sant’ Agata
‘vecchia’. Ricchezze solo in attesa di
essere rivalutate e che potrebbero ridare vigore al turismo e, di conseguenza,
anche alla stanca e depressa economia locale. Spesso si fa riferimento alla
mole di reperti archeologici emersa dalla terra santagatese – nel corso di
scavi ufficiali e non – che affolla ed impreziosisce i musei d’ Italia e di
Europa. Tesori, di cui neppure un coccio,
però, è rimasto in ‘patria’. Penso alle tombe etrusche emerse a decine tra i
Cotugni e Faggiano, con il loro carico di monili e gioielli; penso al vaso di
Asteas, ovviamente, simbolo dell’ Europa unita. Si invoca un loro ritorno, ma
ritorno non vi può essere in mancanza di un ovvio presupposto. Ovvero, quello
dato da un luogo atto ad ospitarli per conformazione e requisiti di sicurezza.
Con riferimento a quest’ ultimo aspetto, è da segnalare come la Chiesa si San
Francesco – di proprietà comunale e gestita dalla locale Pro Loco – sia stata predisposta
con gli opportuni sistemi d’ allarme. Ed è proprio in questa sede che andrà ad
essere collocato il primo grande reperto di cui Sant’ Agata dei Goti – dopo
decenni di disinteresse generale - riesce a riappropriarsi. La lapide di
Madelgrima, infatti, torna a casa. Ad
annunciare quello che è un successo per la comunità locale è stato il sindaco
Valentino, fiero di rilanciare quanto comunicato in via ufficiale alla Casa comunale dal
Ministero per i Beni e le Attività Culturali. “Si concretizza’’ – ha dichiarato
il primo cittadino – “ un altro evento di alta rilevanza storica per la nostra
Città. Voglio semplicemente sottolineare che quando un’Amministrazione pur tra
molteplici difficoltà, acquisisce con la sua azione credibilità e
considerazione, i risultati si vedono e come. Come sempre, ma questo
fortunatamente è divenuto una costanza per l’Amministrazione che mi onoro di
guidare, nulla è dato alla casualità ed alla improvvisazione ma tutto, è frutto
di una attenta, programmata, coordinata ed incisiva attività che continua a
dare i suoi frutti. Un momento importante dunque il ritorno a S:antagata della
lapide di Madergrima: un fatto che sarà scritto tra le pagine più importanti
della storia della nostra Città”. Chiusura del sindaco dedicata ai
ringraziamenti. Nello specifico, alla “Soprintendente dottoressa
Cinquantaquattro della Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di
Napoli e Pompei, alla dottoressa Campanelli, Soprintendente per i Beni
Archeologici di Salerno, Avellino, Benevento e Caserta, alla dott.ssa Tomay ed
al collaboratore Matera della stessa Soprintendenza”. Quanto al reperto, esso
consiste in una lapide sulla cui superficie è incisa una iscrizione tumulare che
decanta le doti umane della moglie
di Rodoaldo, conte di Benevento dal 642 al 651 d.c. La lastra marmorea - lunga
74,5 centimetri, alta 47,5 e spessa 3,5 - è ritenuto il documento di età
longobarda più importante per la storia locale riferita a quel periodo. Il
ritorno di ‘Madelgrima’ può rappresentare, quindi, un primo importante passo
sulla strada di una degna rinascita turistica, anche perchè ‘invocabile’ come
‘precedente’ per il futuro reclamo degli altri pezzi di casa sparpagliati in
ogni dove (spesso anche negli scantinati dei musei..). La storia del rientro a
casa della lapide origina da una delibera del Consiglio comunale del marzo 2010
con la quale il parlamentino goto, recependo l’interesse della locale ProLoco e
del suo Presidente, professore Claudio Lubrano, dava mandato al sindaco per
attivarsi presso le opportune e deputate sedi al fine di riportare a Sant'Agata
il reperto custodito nel Museo Archeologico di Napoli sin dalla metà del '700.
In quella sede vi era giunto a seguito di mille peripezie. In origine, però,
era collocato nella demolita chiesa di ‘Santagatella’ – forse sita nell’
odierno largo Lapati - rinominata, verso la fine del 1400, in Sant'Agata de'
Marenis. Accogliamo, concludendo, con gioia questo momento ‘miliare’ per la
storia del paese – viva dimostrazione di come possano giungere risultati
preziosi grazie alla azione della politica coesa - primo potenziale passo verso un lungo cammino
di ripresa. Altro va fatto, tuttavia, nell’ immediato. Penso ad un inserimento del
paese nei dovuti circuiti del turismo culturale ed, ancora, ad altre questioni
‘logistiche’. Una realtà che ambisce a proporsi come riferimento turistico deve,
ad esempio, godere di una cartellonistica atta a guidare il visitatore tra i
principali poli d’ attrazione, nonché di giovani – da formare e magari del
luogo – deputati alla sorveglianza dei reperti ed alla spiegazione storica ed
artistica dei medesimi.
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