Giuseppe Fortunato - da 'Il Sannio Quotidiano'
Un incontro
urgente per discutere la problematica del centro storico. E’ quello che si appresta
a chiedere - ai competenti referenti amministrativi - una rappresentanza di
commercianti e di privati cittadini i cui interessi gravitano attorno all’ area
antica del paese.
Anche se – specifica doverosa – il ruolo centrale e l’
importanza rilevante che l’ area riveste per la intera comunità imporrebbero un
coinvolgimento della popolazione nella sua interezza, prescindendo dalla
appartenenza di quartiere. Una tematica
seria – quella del centro storico comatoso – nel cui contesto globale, quella
data dalla ZTL è solo una contingenza. Auto o meno, in effetti, l’ area antica
si risolleva solo in un modo. Facendovi affluire gente. E la gente si attira
rendendo fruibili e visitabili le attrattive del luogo. Prim’ ancora, però, dandosi
degna pubblicità al tutto. Il centro storico versa, allo stato, in una
condizione di obiettiva crisi. Stradine vuote, gente poca, week end spettrali. Logica
conseguenza è la crisi dell’ imprenditoria, colpita con la chiusura di
molteplici attività. Un clima surreale, indegno di una realtà che – per le
ricchezze storiche ed artistiche – potrebbe e dovrebbe navigare nell’ oro del
turismo. Indegno di una realtà che, in ogni suo metro, avrebbe da rivelare
secoli di aneddoti. Cosa fare, quindi. Rendere disponibili al pubblico – molto
semplicemente - i tesori del luogo. Sempre, a qualsiasi ora, in qualsiasi
giorno. Senza doversi imbattere in portoni chiusi. Si aprano le Chiese, quindi.
Quella di San Menna – che custodisce il mosaico più antico tra quelli databili
di tutto il Sud Italia – il Duomo, gli appartamenti alfonsiani, il museo
diocesano ed-ancora - le segrete che il Santo di Pagani sempre percorreva. Predisponendo
–condizione a monte - una struttura giovanile – debitamente da formare - alla
relativa ‘guida’ e custodia. Dando così
– anche a tali ultimi – prospettive di crescita in casa propria. Si recuperi –
proseguendo - il Castello – monumento
dell’ incuria – si apra il carcere mandamentale, si rendano fruibili le cantine
con le loro preziose testimonianze della cultura contadina. In questo mare di
cose fattibili ed irrealizzate si intravede - per il periodo post estivo - il solo
lancio della cellula archeologica entro la chiesa di San Francesco ed il
ritorno – sempre all’ interno di essa, ma
in un ambito diverso – della lapide di Madelgrima. Peccato tutto ciò non
sia avvenuto prima, scongiurando il rischio – concretizzatosi – di un’ altra
estate gettata alle ortiche. Ma pur sempre trattasi di primi barlumi di
speranza che sprizzano nel totale buio in cui oggi affoga la comunità locale. Una
prima preziosa iniziativa, cui tenacemente hanno lavorato la locale Pro Loco e l’ assessore Razzano che
– si auspica – possa fare da volano allo sviluppo del luogo. Ora come ora,
però, vi è solo preoccupazione. In tale contesto, si aggiunga – nella
prospettiva dei commercianti - la
restrizione all’ accesso veicolare che non farebbe che esasperare una crisi
tradottasi in cali nelle vendite superiori al 30%. L’ inibizione all’ accesso
delle auto, infatti, finisce per scoraggiare quanti – si pensi ad una giornata
di pioggia invernale – piuttosto che inoltrarsi a piedi tra ombrelli e
pozzanghere preferiscono recarsi per le compere in una attività ove si può
giungere con l’ auto. Normale, logico. Ma la ZTL si smusserebbe di tante
polemiche a fronte di un afflusso robusto di visitatori. Anche perché – in
qualsivoglia realtà turistica – in quelle effettivamente tali, intendo – la
inibizione al traffico veicolare è la prassi. La svalutazione dell’ area antica,
però, non è solo piaga dei commercianti. A patirne gli effetti anche i privati
che – ad esempio - siano proprietari di appartamenti e di immobili vari. Si
deduce, quindi, come le questioni inerenti tale sezione del paese finiscano per
investire in modo trasversale la comunità intera. Ci lasciamo con un
imperativo: il centro storico si deve salvare, si deve resuscitare. Si deve
avere il coraggio di imporre con la forza un mutamento dell’ attuale stato di
cose. Sant’ Agata dei Goti deve spalancare le proprie porte al turismo.
Togliendo dalla naftalina tutti i tesori di casa – laici e profani – e
consegnandoli nelle mani di una gioventù adeguatamente da formare. Questa è la
nostra unica speranza. Diversamente si finisce di morire. Si auspica – in
conclusione - un impegno che sia di
tutti. Non ultimo anche di quello della locale imprenditoria recettiva. Perché il turismo è anche
mentalità.
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