2011: l' anno della rivoluzione africana

Cadono imperi, crollano poteri vecchi di decenni. Dittature, dichiarate o meno, dinastie che occupavano tutte le caselle cruciali nei rispettivi Paesi. L’ urlo del popolo le ha travolte, stanco della corruzione, logorato dalla fame. Prima i Trabelsi in Tunisia, poi i Mubarak in Egitto. Ma ancora la Siria ed altri ‘sultanati’ vari sparsi per il Medio Oriente. I vecchi sovrani non hanno avuto scampo. Hanno dovuto ammainare la bandiera, dandosi spesso ad esilii dorati. Uomini venuti su con colpi di stato che avevano sovvertito precedenti dittature, dei cui vertici erano stati i delfini. Ma ad una dittatura hanno finito, di fatto,  per sostituirne un’ altra. Scenari fotocopia fatti di contrasti duri e netti. L’ oro, l’ abbondanza, l’ opulenza, tanta, tantissima corruzione. A poche decine di metri, invece, storie miste di fame e polvere. E’ una fase epocale per il continente nero, incrocio a rischio tra gli interessi dei ricchi occidentali ed il substrato islamico. All’ improvviso la mina si è innescata ed i troni sono brillati. Uno alla volta, come in una sorta di effetto domino impossibile da bloccare. Gheddafi, lui ancora resiste. Si, perchè anche in Libia il trono vacilla. I ribelli avanzano, le forze della coalizione ONU martellano. Ma Muhammar non cade. E’ quello più ancorato alla propria terra. Tanti lo odiano, tanti ancora lo amano. Lui che è privo di cariche ufficiali, forte della sola carica onoraria di Guida della Rivoluzione. Il suo sistema ha infilato i propri tentacoli ovunque. Attraverso le figure di figli e generi. Mohammad Gheddafi è a capo di Libyana, una sorta di Telecom libica, nonché presidente del comitato olimpico nazionale. Nato dal primo matrimonio del padre, venne ai ferri corti con il fratellastro Mutassim. L’ oggetto della contesa era il controllo di un’ azienda che imbottiglia in patria la coca cola. I rispettivi seguaci si sono sparati a vicenda per una settimana fino all’ intervento risolutivo di papà. Il fratello Khamis, ‘il macellaio’, è a capo di una unità speciale dell’ esercito.  Poi vi è Saif al Islami, secondogenito del rais, proprietario di tv e giornali: ci dava di brutto contro il padre fino a quando la stessa censura non lo ha bloccato. Poi vi sono quelli, tra i figli del rais che, nonostante il potere paterno, non riescono proprio a scalare le gerarchie. Saadi, giocatore per finta di Udinese e Sampdoria, noto più per le feste e le puntate notturne a bordo di jet privati nei casino di Parigi, fu inviato dal padre agli inizi della rivolta a Bengasi per riprenderne il controllo. Quasi non lo facevano a pezzi: fu salvato da truppe speciali inviate in gran fretta da Tripoli. Ma Saadi non è il peggior figlio che possa esistere. Il fratello  Saif al Arab, studente in Germania, fu fermato alle porte di Berlino dalla polizia locale mentre scorrazzava con la sua Ferrari a tarda notte. In effetti andava un po’ forte, ma gli agenti che lo bloccarono si spazientirono, più che altro, per i sette fucili d’ assalto che portava nel cofano e dei quali il ragazzo non riusciva proprio a giustificare il possesso.Saif è rimasto vittima di un missile aria-terra sganciato da un caccia dell’ aviazione alleata.Poi vi è Hannibal, noto anche in Italia per risse con fotografi e poliziotti. Scatenò, per mezzo delle sue intemperanze, un incidente diplomatico con la Svizzera. Poi Aisha, ragazza in gamba, dottoressa in legge, bella e colta. Nota anche come la Claudia Schiffer d’ Africa, ha ricoperto ruoli prestigiosi in seno all’ ONU (in materia di lotta all’ AIDS). Fece parte del collegio difensivo di Saddam Hussein. Ragazza quadrata ed equilibrata. Rara perla, però, nel mare di guai del ‘povero’ colonnello.La sensazione è che Muhammar Gheddafi sia il più ‘duro a morire’ tra le varie teste coronate vacil  lanti dell’ Africa. Odiato, ma anche amato visceralmente da parte dei suoi sudditi.Non ultimo, come elemento che lo tiene saldo al trono, l’ appeal economico che vanta verso molti dei leader europei. Ma vi è anche un altro sentore: se pure il rais libico dovesse superare questa fase (cosa in realtà molto difficile), altrettanto difficilmente potrebbe prolungare la propria leaderschip attraverso la incapacità operativa  della sua prole.

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