Asportazione seno:l'ultima frontiera della prevenzione



Ogni anno in Italia si registrano 40 mila nuovi casi di tumore a carico del seno. La stragrande maggioranza dei nuovi malati sono di sesso femminile.
Questa specificazione perché, seppur in casi numericamente infimi, il cancro della mammella può colpire anche gli uomini. Tornando ai numeri, circa 4.000 (il 10%, quindi del totale annuo) dei nuovi casi ha una base genetica. Ebbene, oggi sono noti i geni che possono rivelare la predisposizione alla malattia. Essi sono il brca 1 ed il brca 2. Donne che presentano casi plurimi in famiglia, quindi, per linea femminile, di affezioni tumorali al seno (ma anche di natura ovarica) possono sottoporsi a screening genetici per sapere se sono effettivamente portatrici dei geni incriminati. La eventuale presenza di questi, tuttavia, non dà la certezza di ammalarsi, ma è solo indicatrice di fattori predisponenti. In modo particolare è la mutazione del gene Brca1 ad innalzare dell' 80% il pericolo di malattia alla mammella e del 60% di quella all' ovaio. Quella del gene Brca2, rispettivamente lo fa del 50% e del 40%. In sporadici casi, donne che si sono scoperte 'positive' allo screening genetico, hanno deciso di sottoporsi a svuotamento mammario per sfuggire al potenziale rischio di ammalarsi. Scelta, questa, che divide in un acceso dibattito la comunità scientifica. La novità di questi mesi è che tale intervento è stata effettuato per la prima volta, anziché con la tecnica chirurgica classica, in modo decisamente meno invasivo. La news giunge dal Policlinico San Matteo di Pavia. Una donna, con anamnesi familiare positiva per carcinoma mammario (madre e sorella), è stata sottoposta l' 11 febbraio a una mastectomia bilaterale applicando, appunto, la nuova tecnica operatoria. Alla paziente, in modo particolare, sono stati asportati entrambi i seni, ricostruendoli con l' inserimento di protesi mammarie applicate attraverso piccole incisioni aperte all' altezza delle ascelle. E' stato, inoltre, possibile conservare i capezzoli e la cute originali. L' equipe medica che ha operato la paziente, composta dai chirurghi Sgarella, Ferrari e Zonta, ha  impiegato circa cinque ore per portare a termine il proprio lavoro. La donna, sottoposta all' intervento ai principi di febbraio, dopo 4 giorni di degenza è tornata a casa e alla sua vita quotidiana. In questo modo la paziente ha eliminato la pericolosa possibilità di tumore alla mammella, pur rammentandosi come i due geni siano relazionati anche all' aumentato rischio di carcinoma ovarico, rischio che ovviamente rimane in piedi per quest' ultima tipologia cancerosa. La professoressa Adele Sgarella, responsabile della struttura semplice di senologia del San Matteo, ha recentemente dichiarato: "Una cosa che si fa già da tempo, su precisa scelta delle pazienti. La novità assoluta consiste nella tecnica utilizzata: la chirurgia videoassistita mininvasiva. Come si pratica? Si fa una piccola incisione nel cavo ascellare ed attraverso questa si esegue l'intervento". Continua: "Da qui passa una telecamera collegata ad un monitor che permette di guardare l'interno ed operare con precisione: si può asportare il tutto e al contempo creare una tasca dietro al muscolo per poter inserire una tradizionale protesi mammaria. Si salvano il capezzolo e la pelle, le cicatrici, sotto l' ascella diventano invisibili". Si  ragiona, in ogni caso, sulla appropriatezza di spingere l' atteggiamento preventivo fino all' approccio chirurgico. Prevenire per curare, si diceva. Ora siamo decisamente oltre: non è che si sta cominciando ad esagerare?

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