Degenerazione Fini

Alfonso Piscitelli -25 04 2010- Quante persone della provincia di Benevento hanno aderito al gruppo di “Generazione Italia”? Spero poche, pochissime. Perché aderire sarebbe un grave errore in questo momento politico e in generale.Generazione Italia nasce intorno all’ambizione di un uomo politico – Gianfranco Fini -  che dopo aver conseguito una carica altissima nel quadro istituzionale italiano, ha  cominciato a giocare di sponda con la sinistra, partendo dall’idea sbagliata che Berlusconi sia in difficoltà. È vero: Berlusconi è in difficoltà… ma  dal 1994, il primo dei quindici anni di storia italiana che lo vedono protagonista (positivo) anche se non indiscusso del dibattito nel nostro paese. Pensare alla successione, allo scenario che si aprirà dopo il crollo del tele-impero berlusconiano è il chiodo fisso, la fissazione che ha logorato le capacità di intendere e di agire di due uomini politici, che pure avrebbero potuto fare tanto per il bene della nazione: Pierferdinando Casini e Gianfranco Fini. Tutti e due ridotti oggi a giocare di sponda con la sinistra, e di intrallazzo con chiunque abbia interesse a minare la stabilità di governo per riaprire la corsa ai sottosegretariati, alle presidenze, vicepresidenze di commissione.Per carità, le ambizioni sono legittime. Ma l’elettore si chiede quali progetti politici accompagnino queste ambizioni. Per Casini il discorso è più lineare: il leader dell’UDC si è sempre ritenuto il depositario del voto cattolico italiano, del rapporto privilegiato col Vaticano e coerentemente ha formato un partito centrista cattolico, che comunque galleggia al di sopra della soglia di sbarramento.Nel caso di Fini le acque sono più torbide. Gianfranco Fini ha costruito tutta la sua carriera sul voto degli elettori di destra nazionale, poi ha pensato di poter volare più alto sbarazzandosi di ogni identità di destra e librandosi nei cieli di una politica indeterminata, ma sempre compiacente nei confronti dei tic ideologici del quotidiano “Repubblica”. La famosa destra repubblicana di Fini è essenzialmente una destra che legge “Repubblica”. Peccato  che il quotidiano fondato da Eugenio Scalfari rappresenti una minoranza snob e sostanzialmente conservatrice, che non riesce a comprendere i reali problemi del nostro paese e le concrete soluzioni.Liberandosi dalla identità di destra, in un momento storico in cui tutta Europa va a destra, Fini ha ripetuto lo stesso errore che compì nel 1999 con l’elefantino e la coccinella. Simboli neutri di una politica “trans-gender”, peraltro priva della vivacità morbosa suscitata dai trans che si sono affacciati sulla scena politica italiana (il deputato comunista “Luxuria”, gli amichetti brasiliani del governatore del Lazio).Il punto è che Fini non è un leader: non ne ha la stoffa, non ne ha il carisma e neppure le capacità. Il suo è pur sempre un gioco di sponda e non costruttivo. Ha fondato Generazione Italia sperando che il PDL andasse male alle elezioni regionali. Berlusconi ancora una volta ha ribaltato i sondaggi della vigilia portando a un netto successo il partito di governo. Se avesse perso le elezioni, Fini avrebbe lanciato una contestazione globale alla leadership del partito e del governo, sarebbe forse riuscito a spaccare a metà il PDL e a fare il famoso governo di “salute pubblica”, che tanto piace a Casini, a Rutelli, a D’Alema e a tanti grossi portafogli che si aprono nell’ombra per finanziare questo genere di iniziative. Ma il PDL, contrariamente agli auspici del presidente della Camera, ha vinto le elezioni regionali e a Fini non è riuscito di frenare in tempo la macchina che aveva messo in moto. Risultato: una disfatta clamorosa. Ha minacciato una scissione, ma nessuno l’ha seguito. Figurarsi se i deputati meridionali, sempre a caccia di incarichi e di relative laute mance, seguivano Fini in un partito senza consenso e senza i voti che Silvio Berlusconi, elezione dopo elezione, riesce a garantire… Così è stato costretto a ripiegare sulla corrente. E anche qui, nonostante il ditino agitato in direzione nazionale, i risultati sono stati deludenti: nel PDL la corrente finiana più che esprime una posizione di minoranza, esprime una posizione di irrilevanza.Ripetiamo, Fini non è un leader. E la debacle di oggi somiglia a quella dell’elefantino, il patto stipulato con Segni. Allora i “colonnelli” gli confermarono la leadership. Oggi i La Russa, i Gasparri, gli Alemanno, gli autentici esponenti di una destra popolare, liberale, sociale sono lontanissimi da Fini. A Fini è rimasto il Bocchino.Certo, in parlamento e nelle assemblee regionali i rapporti di forza sono diversi. La piccola pattuglia finiana può fare giochi sporchi in Sicilia, può bloccare le riforme in parlamento, può sgambettare il governo, nei momenti in cui la maggioranza sonnecchia (e capita fin troppo spesso) e la minoranza è insolitamente arzilla. Insomma il gioco di sponda continua.Ma in questi tempo di crisi, in questo tempo che richiede scelte decisive non vale proprio la pena di partecipare a questo giochetto della politica. Faccio un appello agli amici sanniti il cui nome, tristemente compare, a sostegno della lobby del Presidente della Camera. Ritirate quell’appoggio. Fini vi conduce nella direzione più sbagliata. E poi voi lo sapete, il grigio signore di Montecitorio è un eterno secondo. La fortuna che arride agli audaci, agli onesti, ai lungimiranti , a lui – ovviamente – non arride.

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