Il Pdl è passione e coerenza

Pietro Farina -25 04 2010- Fatti e non parole. Quante volte questa fatidica frase è stata pronunciata da politici di ogni livello. Indifferentemente, tanto da destra quanto da sinistra, la apodittica affermazione, prognostica e propositiva durante le campagne elettorali o descrittiva e  ricognitiva di una stagione amministrativa in corso, ha tentato di connotare i pubblici interventi di coloro che, impegnati nell’agone della nobile arte, hanno la necessità di acquisire o conservare consenso. Ed ecco che il collaudato slogan continua, nonostante la oramai vetusta epoca di coniazione, a rivelarsi efficace formula, tanto da essere più estensivamente (in senso concettuale) utilizzato anche da parte di chi, amministrando male, tenta di accreditare a sé fatti (più o meno socialmente utili) per antagonizzare la critica e rivendicare il primato dell’agire rispetto al dire e, talvolta, anche al pensare. Rischiando, così, di porre in essere un maldestro tentativo di delegittimare il libero confronto delle idee e la manifestazione del pensiero alieno, per accreditare un modo di far politica che, giocoforza, si rivela  non tanto infruttuoso e dispendioso per le comunità amministrate, ma di sovente dannoso e deleterio. Il fare non può non essere figlio di  una progettualità che, in politica, è a sua volta generata dal confronto e dal dibattito.  Il costruire percorsi socialmente utili nasce dalla partecipazione collettiva e dall’apporto sinergico di tutte le esperienze e le culture, sì che il contributo di ogni forza politica e parte sociale debba risultare motivo di  ineludibile contraddittorio e, quindi,  caratterizzante delle decisioni assunte per il bene comune.
Nella nostra realtà santagatese tale principio di democrazia soccombe quotidianamente di fronte all’arroganza della politica, che si è mostrata fino ad oggi più propensa alla sistematica occupazione dei posti di  potere ed ad un suo esercizio in forma dominante, che alla elementare constatazione che anche  nei piccoli sistemi, e non solo in quelli di livello costituzionale (come teorizzato dal Montesquieu), è necessario che a garanzia della democrazia sottenda un giusto equilibrio di pesi e contrappesi, che nelle realtà amministrative degli enti locali diventa esigenza irrinunciabile, soprattutto in epoche storiche di elevata tensione e conflittualità tra le parti. Ed ecco che, di fronte ad una tale riflessione, il semplicistico brocardo di uso comune analizzato in partenza si rivela fallace ed il messaggio pubblicitario in esso riposto dalla politica assolutamente ingannevole. Non fatti, se non preceduti dalle parole: questo deve essere lo slogan di una politica seria e veramente improntata ai principi di partecipazione democratica del popolo sovrano. Così come tutti i cittadini concorrono alla realizzazione, con il loro consenso elettorale, di una classe dirigente che sappia, pur senza vincoli di mandato, rappresentare le esigenze e gli orientamenti di un popolo e della sua storia, gli stessi cittadini ed i loro rappresentanti hanno il dovere, oltre che il diritto, di concorrere alla realizzazione di un progetto di vita comune che interpreti le giuste aspettative di crescita economica, culturale e sociale. Il decisionismo esasperato della classe dirigente, la mancanza di qualsiasi confronto e coinvolgimento democratico delle minoranze,  l’assoluta indifferenza verso la pubblica opinione, il ricorso ad una spesa dissennata ed ingiustificata: tutti elementi che hanno concorso a determinare, negli ultimi tempi, una frattura seria ed insanabile tra la politica e la gente comune. I cittadini hanno perduto ogni fiducia nella propria classe dirigente, e lo dimostra senza tema di smentita il risultato elettorale delle scorse regionali. Ed è luogo comune pensare che chi si dedichi alla pratica di governo non possa che essere un disonesto, orientato solo a curare interessi propri, e che, in mancanza di alternative, l’unica strada sia quella di adeguarsi, di inserirsi nella scia del “beneficio pubblico”. Fin quando, dunque, la strada seguita da chi governa sarà quella di porre in essere “fatti”, il giusto contrappeso culturale non potrà che essere quello di obiettarvi con le parole e con le idee, che, se inascoltate o postume rispetto al compiuto, assumeranno valenza sì critica, ma diretta alla informazione e, soprattutto, alla  formazione delle coscienze.
Ed è per queste ragioni che, protesi ad una politica che sia di speranza e di concreta opportunità per le nuove generazioni, il nostro impegno deve continuare … anzi, ricominciare da qui. Il Popolo della Libertà a S.Agata dei Goti non ha la necessità di dover  a tutti i costi essere partito di governo, né di essere forza politica  dei grandi numeri. Le scorse elezioni comunali ci hanno confermato che la passione per la politica e per le idee non è prerogativa di tutti. I piccoli o grandi interessi, sovente, determinano nei più scelte che vanno nella direzione diametralmente opposta  a quella della appartenenza politica, inducendo taluni anche a far prevalere le proprie umane motivazioni rispetto ad anni di militanza.  E, purtroppo, come simpaticamente sintetizza una frase fatta, per ciascuno al di sotto della curva del cuore vi è quella dello stomaco. Avvertiamo, quindi, il bisogno di una crescita all’insegna della passione e della coerenza,  perché nostro obiettivo non è quello di aggregare folle, ma di contribuire alla nascita di una classe politica libera che, svincolata dal pregiudizio dominante, possa rivendicare a testa alta e con fierezza il ruolo di garante della democrazia e della legalità.




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