L' archeologia preventiva



Angela Ascierto La legge 109/2005, che converte in legge il D.L. 63/2005, ha introdotto una importante novità anche per gli enti locali ovvero l'istituto della cosiddetta “archeologia preventiva”.Se l'opera da realizzare è “sottoposta all’applicazione delle disposizioni della legge 11 febbraio 1994, n. 109 e del decreto legislativo 20 agosto 2002, n. 190” le stazioni appaltanti, prima dell’approvazione, devono trasmettere al Soprintendente competente copia del progetto preliminare o di stralcio “sufficiente ai fini archeologici”, comprensivo di eventuale documentazione indicata dall’art. 2 ter del suddetto provvedimento. Tale documentazione consta degli esiti delle indagini geologiche e archeologiche preliminari con particolare attenzione ai dati di archivio e bibliografici reperibili, all’esito delle ricognizioni volte all’osservazione dei terreni, alla lettura della geomorfologia del territorio, nonché, per le opere a rete, alle fotointerpretazioni. Qualora, sulla base degli elementi trasmessi e delle ulteriori informazioni disponibili, nel termine di novanta giorni dal ricevimento, il Soprintendente che ravvisi l’esistenza di un interesse archeologico nelle aree oggetto di progettazione, può sottoporre l’intervento alla procedura di verifica dell'interesse archeologico, la quale può avere tre esiti. Il primo risiede nell’ accertamento dell'insussistenza dell'interesse archeologico nell'area interessata dai lavori; in secondo luogo può aversi la redazione di prescrizioni necessarie ad assicurare la conservazione dei rinvenimenti archeologicamente rilevanti o, concludendo, l’ avvio del procedimento di dichiarazione dell’interesse culturale del sito. Q u a n d o tale procedura si conclude con esito negativo, cioè con l'insussistenza dell'interesse archeologico, l’esecuzione di saggi archeologici è comunque possibile in caso di successiva acquisizione di nuove informazioni o di emersione, nel corso dei lavori, di nuovi elementi archeologicamente rilevanti, che inducano a ritenere probabile la sussistenza in sito di reperti archeologici. Dunque, se gli enti locali prima di varare manovre e redigere “piani regolatori” di sorta, si dotassero di carte archeologiche valide con mappatura puntuale dei siti, i cittadini non dovrebbero cessare i lavori e farsi carico delle spese di scavo per la verifica dell’interesse archeologico. Ne guadagnerebbero in tempo e denari.

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