Si faccia pure il Sannio.Poi la classe politica.



Giuseppe Fortunato  
Sarà che la BCE ci ha tirati per le orecchie, ‘costringendoci’ a tirare la fatidica cinta. Sarà ciò che volete. Sta il fatto che saltano le poltrone. Il Governo ha avuto il coraggio ed il buonsenso di farlo. Tanti, e di tutti i colori, avevano negli ultimi due decenni puntato il dito contro i privilegi della politica. Ottimo slogan per ingraziarsi le folle. Nessuno aveva, però, a dispetto delle tante belle parole, ‘osato’ sforbiciarne i costi esorbitanti. Salteranno,quindi, se il provvedimento approderà intatto alla fine dell’ iter, 80.000 seggiole dorate. Un mare di privilegi, tra province e seggi in consiglio regionale. Senza badare agli enti con meno di 70 unità destinati anch’essi a tramontare. Via alle Giunte dei paesini con meno di 1.000 abitanti. Assurdo che realtà con 500 cittadini dovessero foraggiare un plotoncino di tre assessori più sindaco. Senza contare i gettoni per i sette-otto consiglieri. ‘Stangatina’ sugli enti locali, quindi: ma anche loro sono corresponsabili dello sfacelo economico, avendo alimentato per anni le tasche dei loro clienti. E la realtà è sotto gli occhi di tutti: a partire dalle nostre comunità che, ognuna con i suoi mali, sono riflesso del triste spettacolo nazionale. Il ‘male’, se vi è, non sta certo solo a Roma. Stesso discorso per ‘il bene’. Non sono previsti tagli a sanità, scuola, ricerca, cultura. E’ un primo passo. Ma è ottimo. Si potrebbe proseguire nel risanamento, coinvolgendo nell’ opera-tagli quei carrozzoni buoni solo a fare da ammortizzatore politico. Ad accontentare, cioè, il desiderio di poltrone di amici ed amici degli amici. Penso alle varie comunità montane, ai consorzi di bonifica ma anche (e soprattutto) ai vari consigli di amministrazione a nomina politica. Sedie dorate da 2.500-3.000 euro mensili corredate da un nugolo di segreterie e staff vari. Per non parlare dell’ esercito dei 1000 parlamentari, solo sfiorato dalla manovra made in Tremonti. Se, quindi, tantissimo resta ancora da fare, accontentiamoci di quest’ inizio che è sicuramente virtuoso. Tanti i gufi spiazzati dalla Manovra.  Ovvero, quelli che se ne fregano delle ‘sorti dell’ Italia’ e del tanto decantato ‘bene comune’.Ciò che interessa loro è combattere il rivale di poltrona. Un Esecutivo immobile sarebbe stato ottimo argomento in campagna politica, al grido di ‘Governo ladrone che non mantiene le promesse (taglio delle province, appunto)’.Veniamo a quest’ultime. Sarebbe stato più saggio abolirle tutte. Tra quelle sacrificate spicca, per la sua anonimità, Verbano-Cusio-Sossola. Ma anche quella di Ogliastra, in Sardegna, ci lascia, in senso istituzionale, con i suoi 56.000 residenti. Veniamo alla nostra Benevento: salterà anch’essa, ed oggi in tanti scoprono di amarla. Mare di polemiche contro il provvedimento che  tanto sanno, però,di strumentalizzazione. Cosa ci da la provincia, in fondo? Quale utile porta, praticamente, a tutto ciò che non è Benevento città? Come e quando ci ha tutelati? Non è l’ abolizione della provincia beneventana, in quanto tale, a rappresentare un danno. Anzi, da un evento simile può rinascere una nuova occasione di sviluppo per il territorio. Certo è che la Benevento già emarginata da una Campania napolicentrica non potrebbe che patire ulteriori smacchi da divenire provincia di Avellino. Mostruosità da evitare, ma non per campanilismo che tanto sa di derby calcistico.Così come non si potrebbe ammettere uno sfaldamento tra le varie provincie contigue che spezzetterebbe ulteriormente l’ antica identità. Quello che Benevento deve riconquistare è il Sannio,ovvero il proprio dna culturale e storico. Una nuova area che resusciti quel popolo che aveva avuto il coraggio di duellare con Roma.Circa quell’ antico territorio - corrispondente agli attuali territori della Campania settentrionale, dell'alta Puglia, di gran parte del Molise (tranne il tratto frentano), del basso Abruzzo e dell'alta Lucania – è attualmente praticabile un discorso di ri-unione, per questioni politico ed istituzionali, solo con l’ attuale Molise, destinato a vedere caducate le sue due uniche province .Ed è in quella direzione che si deve puntare con decisione. Ma una volta fatto il Sannio bisogna fare i sanniti. Con riferimento, snaturando l’ originale senso dell’ espressione, però, ad una classe politica che sia in grado realmente di rilanciare il territorio, anche da un punto di vista turistico.Che si riappropri dei suoi gioielli d’ arte e di archeologia che girovagano tra musei nazionali ed europei, che sia in grado di creare vie di comunicazioni adeguate, che resusciti l’ imprenditoria. Altrimenti, se ciò non avverrà, si sarà fatto tanto rumore per nulla.

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