Il ragazzo che sognava il Sannio nel lager russo di Nehrybka

Pubblichiamo il presente passaggio a firma del signor Luigi Amoriello. Durante uno dei suoi frequenti spostamenti - dettati da motivazioni di lavoro - il nostro amico - originario di Luzzano - approdò in una remota realtà ai confini tra Ucraina e Polonia. Qui conobbe un vecchietto il quale - spettatore del secondo grande conflitto mondiale -aveva trasferito i personali ricordi, le sensazioni, gli aneddoti e le testimonianze - raccolti anche tra i compaesani - in sgualciti quadernetti creando, così, il suo personale album della memoria. Il nostro amico fu sempre più attratto dalle pagine e dai racconti di quell' uomo anziano, finchè il suo interesse si tramutò in sgomento allorquando, dagli abissi della memoria del suo interlocutore, emersero i tetri ricordi della morte. In modo particolare, furono i muri di un lager dismesso - poi  tramutato in fabbrica - a rivelare le ore di soltidutine e disperazione - per tanti, le ultime della vita - di nostri connazionali, molti dei quali neppure ventenni. Quel vecchio ucraino aveva copiato le scritte, le immagini impresse su quei muri, riportandole fedelmente in quelle pagine che - ormai ingiallite - colpirono il cuore del nostro lettore. Una mano ignota, in particolare, aveva disegnato - quasi a voler illudersi di essere più vicino a casa - una sorgente ed una montagna, scrivendo sotto 'Canderi', una zona - per chi non lo sapesse- a cavallo tra i comuni di Luzzano e di Sant'Agata dei Goti. Ora vi rimandiamo, però, al testo integrale della lettera:
''Questa storia inizia sulle colline di Luzzano, precisamente in località Canderi, zona condivisa col comune di Sant’Agata de’ Goti. Li vi è una sorgente che scorre da secoli, con degli abbeveratoi per le mucche e con quattro“ teglie ” secolari ai lati . La mia famiglia possiede dei terreni nei paraggi e ricordo che mio padre si recava a Sant’Agata de’ Goti a pagare a ''funniaria”. Da bambino andavo in questo posto meraviglioso, sull’origine del quale si raccontano molte storie e leggende, in compagnia di mio nonno Giovanni, amante del fresco delle “teglie”. Spesso mi raccontava le cose che faceva in quei luoghi con suo fratello Michele, - molto più giovane ed alto di lui - un giovane dagli occhi azzurri ed i capelli ondulati. Lo zio Michele risultò disperso in guerra sul fronte russo. Il mio lavoro di tecnico d’abbigliamento mi ha condotto in Ucraina, dove ho vissuto per alcuni anni. Nei miei spostamenti, per motivi di lavoro, ho conosciuto tantissime persone con le quali, superata una iniziale diffidenza, ho cominciato a socializzare. Con l’aiuto di un’interprete, sempre al mio fianco, ho cercato di comprendere la loro cultura, le loro storie vissute sotto il dominio sovietico, il loro vivere quotidiano. In una di queste occasioni, a Leopoli (Livov) - città polacca assorbita dall’Unione Sovietica (e adesso dall’Ucraina) - ho familiarizzato con il signor Assilla Bondarenko, un vecchietto in pensione molto vispo, nato nel 1929, portinaio dell’azienda dove mi recavo. Questi cominciò quasi subito a parlare di aneddoti personali relativi alla seconda grande guerra, dei soldati italiani che aveva conosciuto in quei drammatici anni, della loro bontà e di quante sofferenze avessero patito. Io rimasi molto turbato e continuavo a chiedere alla mia interprete (Mariana) di porre domande alle quali nonno Vassillj (lo chiamavo così), rispondeva con una sicurezza disarmante. Ci chiese di aspettare qualche minuto e dopo un po’ tornò con dei quaderni sgualciti. La copertina era nera, le pagine ingiallite dal tempo; le consegnò in mano a Mariana, chiedendo di leggere qualche pagina e di tradurla per me. Notai che la mia interprete, mentre sfogliava le pagine, cambiava umore; era sconvolta..io volevo sapere e chiesi di tradurre immediatamente. Il primo quaderno era datato 1942, e nella prima pagina faceva riferimento al manifesto, affisso nelle strade, in cui si avvisava del fatto che tutti gli ebrei sarebbero stati esiliati Nelle pagine successive raccontava minuziosamente tutte le malefatte compiute dai nazisti: “Oggi hanno ammazzato un ebreo..oggi hanno spogliato e torturato due ebrei e poi li hanno portati nel bosco per ammazzarli..oggi ho visto i soldati italiani ma loro sono buoni.” Mi sarebbe piaciuto poter leggere da solo e più in fretta possibile quei fogli, ma la lingua era per me incomprensibile e nonno Vassillj ci chiese di restituirli perché era ormai tardi ripromettendoci, tuttavia, di continuare la lettura in altro momento. Così ci accommiatò. Dopo qualche giorno, era di domenica, facemmo nuovamente visita a nonno Vassillj. Ricevutici, ci accompagnò al mercato, al centro di Livov, dove si vendeva di tutto. In una stradina, per terra, diversi venditori mostravano con orgoglio cimeli di guerra di ogni genere, ed uno di questi esponeva cose appartenute a soldati italiani: divise italiane grigie, verdi, gradi, scarponi, bottoni, monete, portafogli, pettini, figure di santi (ricordo S. Antonio e S. Gennaro), lettere scritte e mai recapitate ed altre cose; non comprai niente perché mi sembrava di depredare degli eroi. Andammo al confine con la Polonia, a Przemysl. Qui il nonno disse che avevano scoperto una fossa comune, risultato dello sterminio di un’intera guarnigione italiana. Più di duemila persone, con quartier generale a Livov, in via Copernico. Quando tornammo nella sua casa, ci consegnò i quaderni e mi fece giurare di restituirli in poco tempo. Sfogliando l’ultimo libricino, vidi delle pagine con dei disegni e molte scritte in italiano, e feci chiedere al nonno di cosa si trattasse. Lui raccontò che li aveva copiati, dopo la guerra, dai muri del campo di concentramento di Nehrybka, sede ora di una fabbrica. C’erano messaggi per le fidanzate, indirizzi, date di morte e le raffigurazioni mostravano chiaramente, anche perché accompagnate da diciture in italiano, il Vesuvio, i Ponti della Valle. Mi colpì molto la scritta Canderi, sotto a un disegno raffigurante l’acqua che scendeva da una pietra e con gli alberi ai lati di due vasche. Subito pensai allo zio Michele disperso in quelle zone, ed alla eventualità che potesse essere lui l’autore di quel disegno a me così familiare. Poi, pensai, però, a chissà quanti altri paesani potessero essere passati di lì. Rimasi così sconvolto da quei disegni che chiesi a Mariana di riconsegnare a nonno Vassillj il tutto. Dopo cercai solo di dimenticare….''



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