Ma questi qua sono meglio di quegli altri?

Motassim, giustiziato a Sirte
Un dittatore che scaccia un altro dittatore. Così inizia la storia di Gheddafi, leader per quasi mezzo secolo della Libia e - come dice qualcuno - anche di mezzo Occidente. Quell' Occidente che oggi ironizza sulla sua morte, ma che - fino a qualche mese fa - sfilava per inchinarsi  al suo cospetto. O, meglio, al cospetto dei suoi petrol-dollari. Al cospetto di un criminale, di un torturatore, di uno stupratore. Al cospetto, però, di un uomo dal grande carisma, amato ed odiato in modo forte ed esasperato. Un uomo capace di 'tentacolare' il suo sistema in ogni settore della vita economica del Paese, attraverso la figura di generi e  figli. Una prole variegata: chi non era incapace, era totalmente folle. Ad esempio, due dei figli - Mohammad e Mutassim - vennero ai ferri corti per il controllo di una società di papà che imbottigliava coca cola: i  rispettivi seguaci si sono sparati a vicenda per una settimana, fino all’ intervento risolutivo di papà. Poi vi era Khamis, ‘il macellaio’ - il soprannome già la dice lunga -  a capo di una unità speciale dell’ esercito.  E che dire dell' inetto Saadi, giocatore per finta di Udinese e Sampdoria, noto per le feste e le puntate notturne a bordo di jet privati nei casino di Parigi. Durante la rivolta papà se lo inventò generale dell' esercito:  a Bengasi - se non era per le truppe speciali mandate in suo soccorso da Tripoli - quasi non lo facevano a pezzi. Saif al Arab era forse il più fuori di testa della prole: studente in Germania, fu fermato alle porte di Berlino dalla polizia locale mentre scorrazzava con la sua Ferrari a tarda notte. In effetti andava un po’ forte, ma gli agenti che lo bloccarono si spazientirono, più che altro, per i sette fucili d’ assalto che portava nel cofano e dei quali il ragazzo non riusciva proprio a giustificare il possesso. Hannibal, invece,era noto anche in Italia per risse con fotografi e poliziotti. Scatenò, per mezzo delle sue intemperanze, un incidente diplomatico con la Svizzera.
Ora è tutto finito. La gente festeggia, e ne ha pienamente diritto. Finisce un' era di violenza, di dittatura, di barbarie, di ferocia. Ma - adesso - cosa inizia? La foto che inaugura la nuova pagina della storia libica non è benaugurante. Cadaveri in bella mostra come trofei di caccia, gente che esulta davanti ad un corpo con una pallottola piantata in fronte. Le grandi potenze cosa dicono oggi? Quel diritto internazionale che avrebbe giustificato l' intervento in Libia ( in nome della tutela della popolazione civile), non viene invocato dinanzi a quella che è stata a tutti gli effetti una esecuzione? I ribelli non sono un tribunale. Perchè hanno giustiziato Gheddafi padre e figlio sul posto e non li hanno consegnati ai tribunali internazionali? Quale norma internazionale prevede l' esecuzione senza processo? Raccapricciano i cellulari che scattano foto (ma non erano tutti morti di fame?) e - cosa peggiore di tutte - i bambini portati davanti a questo tremendo banchetto. Nell' immagine in alto, che ritrae il figlio Mutassim - appena giustiziato a Sirte (era stato catturato vivo) - si vede, sulla destra, ritratto un bimbo che avrà - su per giu - non più di quattro anni. Tutti festeggiano, gridano ed urlano. Lui no. Non viene trascinato da quell' atmosfera: la sua innocenza è, piuttosto, calamitata dall' immagine di quel ragazzo per terra che non si muove. C' è qualcosa che non gli piace in quello scenario. Forse, in fondo, anche lui si sta domandando: ma questi qua sono meglio di quegli altri??

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