Mamma uccide il figlio di 16 mesi:ci aveva già provato a marzo


Famiglia apparentemente esemplare: marito e moglie - entrambi affermati commercialisti - con tre figli. Vivono ad Orbetello. Il 9 agosto., la tragedia: la signora - 45enne - si reca al mare in compagnia del suo piccolo di 16 mesi. Sono da soli: il marito - a Roma - sta sbrigando le ultime pratiche prima di chiudere lo studio in vista della settimana di Ferragosto. Gli altri due figli, invece, sono a casa con la baby sitter. La signora noleggia un pedalò e si spinge fino a 200 metri dalla riva. Il bambino si sporge. Poi, tutto in un attimo: la caduta in acqua, lei che lo recupera, la corsa verso riva e, quindi, in ospedale. Questa, almeno, la versione fornita ai medici - i cui sforzi si sarebbero rivelati vani. Cordoglio, costernazione attorno a quella famiglia così stimata. Gli inquirenti iscrivono la donna - come atto dovuto - nel registro degli indagati per il reato di omicidio colposo. Ma, in fondo, qualcosa non li convince. C'è un precedente che pesa come un macigno nella vita della donna. A marzo, appena 5 mesi prima, già aveva tentato di uccidere quello stesso figliolo, trattenendone la testa sotto l' acqua della vasca da bagno. I medici - allora - presero il piccolo letteralmente per i capelli, anche perchè la mamma aveva mollato la presa credendolo morto. Oggi l'agghiacciante verità: anche questa volta è accaduto qualcosa di analogo, ma con esito ben più drammatico - almeno stando  alla ricostruzione dei carabinieri. Allontanatasi dalla riva e dallo sguardo di altri bagnanti, la donna avrebbe calato il suo bimbo sott' acqua fin quando non lo avrebbe visto immobile. La signora, trapelerà, era in cura già da tempo per problemi psichici. Una persona malata, quindi, vittima delle sue ombre e bisognosa - come effettivamente avveniva - di supporto. Ma,ci si chiede, come sia stato possibile affidare la custodia dei figli ad una donna già gravata dal precedente di marzo. Per giunta, proprio di quel figlio che, per puro miracolo, era sfuggito al suo tentativo omicida. Domande cui i servizi sociali, prim' ancora dei congiunti, dovranno necessariamente rispondere. Non per riportare in vita quel piccolo angelo, ma per capire dove deve essere rivisto un sistema che è, con tutta evidenza, gravemente lacunoso.

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