La strana criminalità beneventana.


L' andazzo criminale di Benevento, oltre a preoccupare il mondo istituzionale e civile, apre una serie di interrogativi per la sua atipicità. Un mosaico che, prima di essere messo insieme, va, però, analizzato nelle sue singole componenti. In primo luogo, si presenta alla attenzione generale l' altissima frequenza di rapine perpetrate nel territorio della città - così numerose che si fà fatica ad elencarle. Un succedersi incalzante di atti perpetrato ai danni di supermercati, uffici postali e distributori di benzina. Da soli o in coppia, a bordo si scooter o con auto di appoggio, la tipologia è vastissima. Il 'parziale' delle rapine seriali lascerebbe propendere per una Benevento libera. Una Benevento che è terreno di conquista, mare senza pesci grossi ove si tuffano banditi più o meno improvvisati a caccia della giornata. Tutti questi eventi, fatti di passamontagna o calze calate sui volti, suggestionerebbero,  quindi, per una realtà ove manca una predominanza criminale netta ed affermata. E' un principio basilare nel mondo della malavita.Quello, cioè, in base al quale le realtà che hanno una egemonia di casa consolidata difficilmente divengono quotidiano teatro di spicci eventi delittuosi, buoni solo ad attirare le forze dell' ordine. Ed una massiccia presenza di divise, unitamente agli occhi sempre più attenti di stampa ed istituzioni, disturberebbe dalla conduzione del vero business della grossa malavita locale. Ovvero, quello del traffico di droga, del racket e dell' usura..  Avete mai sentito, per caso, parlare di una rapina perpetrata a Casale di Principe? I delinquenti di Casale le rapine le vanno a fare altrove. Ma nella città dove i loro boss dirigono gli affari, dove qualcuno si nasconde, dove vi è la centrale della droga, ebbene la bisogna lasciare le acque tranquille. Li dentro non si devono attirare sbirri per rapine da 1.500euro. E' questa la condotta dalla quale discende il comune dire - chiedete a chi abita alla Sanità o ai Quartieri Spagnoli - secondo cui dove vive il boss, si sta tutti più tranquilli. Almeno apparentemente. Differente è il discorso degli atti incendiari. Quello è sinonimo di racket, la vera firma di una presenza criminale - in sede - forte ed organizzata. Ebbene, qual' è il punto? Il punto è che - a dispetto dell' altissimo numero di rapine cittadine - a Benevento città una organizzazione malavitosa di casa - a quanto pare - vi è. Eccome, se vi è. Almeno stando al rapporto semestrale della DIA, che a pagina 297 - con riferimento a Benevento città - riporta ' Il sodalizio di maggiore qualificazione risulta sempre quello degli Sparandeo che, unitamente al gruppo dei Piscopo, sviluppa pregnanti dinamiche nei mercati criminali dell’usura, delle estorsioni e del traffico di sostanze stupefacenti'. Assodati l' esistenza di un cartello criminale locale, quindi, ed il dato che Benevento non è, da quel punto di vista,  terra libera - rimane l' interrogativo legato alla alta frequenza di rapine. Spesso di poco conto, ma comunque utili per riaccendere dibattiti sulla sicurezza cittadina e tutto il resto. Non possiamo ipotizzare che qualche bandito venga da altri lidi - si riferisce spesso di uomini dallo spiccato accento napoletano - senza il permesso dei boss locali. E' impensabile, e molto probabilmente ci sarebbe già scappato qualche morto. Conviene, allora, ai capi della malavita cittadina consentire queste azioni che, fondamentalmente, sono spesso da quattro soldi? Conviene a loro che su tutta la stampa si riaccenda la spia dell' allarme criminalità quando, invece, senza quelle azioni eclatanti e molto fumose potrebbero condurre, in pace e nel sottobosco, i loro veri affari? Questo è quello che non capiamo. O, i boss beneventani, aprendo le porte della città a questi raid (molto probabilmente esterni) si stanno garantendo un ritorno molto più conveniente?

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