Ora di mensa? Tutti a tavola. Tranne tre bimbi, costretti a
digiunare e a stare guardare i compagni che mangiano. Perché i genitori non ce
la fanno a pagare la retta.
Il nuovo caso di regolamenti che vanno a danno dei
bambini, per problemi tra i genitori e l’istituto, si registra al V circolo di
Caserta. La denuncia viene dalla Flc Cgil per documentare lo stato di abbandono
in cui si trova la scuola pubblica con la conseguenza che le famiglie sempre
più frequentemente preferiscono mandare i figli alle scuole private. “Non è un
caso, infatti – dice Enrico Grillo, responsabile del sindacato scuola
provinciale – che sul territorio della nostra provincia ci siano ben 400 scuole
private. Ma la lotta non è condotta dalla Cgil contro le scuole private e
paritarie, bensì essa è mirata a dare il posto che merita alla scuola statale,
nel rispetto di un principio egualitario sancito dalla Costituzione”.
Il caso dei bimbi che stanno a guardare i compagni a
mangiare dipende dal fatto che la scuola non aveva concesso ai genitori il
permesso di portarseli a casa all’ora di pranzo. Questi genitori erano stati
respinti e avevano dovuto appellarsi alle forze dell’ordine per poter portar
via i loro bambini. In effetti al tempo pieno ci sono insegnanti a disposizione
appunto per la mensa, che rappresenta un momento educativo. Come per le altre
attività è quindi obbligatoria per chi sceglie questo tipo di servizio. Questa
esigenza tuttavia, almeno a Caserta, non si concilia per tutti con i costi
della refezione. L’amministrazione comunale, infatti, ha fissato il prezzo fra
i 70 e i 90 euro. Un costo che per molte famiglie diventa insostenibile.
Il caso di Caserta ha dei precedenti in Italia. Il più
clamoroso, un paio d’anni fa, ad Adro, nel bresciano, dove il sindaco leghista
Oscar Lancini aveva escluso dalla mensa una quarantina di alunni. Sempre perché
le famiglie non avevano pagato la retta. Un’analoga iniziativa era stata
adottata il mese precedente a Montecchio Maggiore, nel vicentino, dove gli
alunni morosi furono sfamati con panini imbottiti e una bottiglia di acqua. Nel
settembre scorso a Cesate, un comune in provincia di Monza, a una trentina di
bambini delle elementari viene impedito di consumare i pasti della refezione:
rimangano a scuola, e a loro vengono somministrati dei panini. Panini e
formaggio. Qualche settimana dopo il problema esplode in una scuola di Parma
due bimbe vengono escluse dalla mensa. Qui, però, la stessa scuola argina la
situazione: le bimbe non vengono discriminate, la mancata retta viene
compensata con la cassa scolastica.
Ma non è solo una vergogna italiana quella di escludere
dalla mensa i figli dei genitori che non pagano la retta: va peggio in Francia.
Secondo il quotidiano L’Humanité, sarebbero una settantina i comuni francesi
dove i figli di disoccupati sono esclusi dalla mensa scolastica. A Bordeaux,
Tolone, Meaux, Nizza, Troyes e in molti altri comuni (in grande maggioranza con
un sindaco Ump, il partito di Sarkozy) le famiglie devono presentare un
documento che attesti che hanno un lavoro fisso per poter iscrivere i figli
alla mensa. Se anche solo uno dei genitori è disoccupato, i bambini sono
esclusi, con la scusa che se non c’è un impegno di lavoro c’è tempo per fare da
mangiare a casa. A Bordeaux, accettano in via eccezionale di prendere alla mensa
i bambini di disoccupati nel giorno in cui il genitore ha un colloquio di
lavoro, ma bisogna presentare con ampio anticipo una giustificazione, firmata
dal datore di lavoro. Vicino a Nantes, degli allievi delle medie non hanno
ricevuto quest’anno i libri di testo (che in rancia vengono dati gratuitamente)
perché la famiglia aveva un debito con la mensa dell’anno prima.
da il Fatto Quotidiano
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