SANT'AGATA DE'GOTI:Comune condannato,deve 130.000 euro a dipendente

Giuseppe Fortunato - da 'Il Sannio Quotidiano'
Momento poco felice per la locale amministrazione Valentino. Scollinato abbondantemente l’ intergiro di metà consiliatura, la discesa verso l’ appuntamento 2014 presenta qualche ostacolino di troppo.
In parte, probabilmente, non preventivato. Frane, finanziamenti saltati ed, adesso, pure il giudice. Anche il martelletto del togato ci si è messo, infatti, a ‘tramare’ contro i locali amministratori, sentenziando ai danni di Palazzo San Francesco e condannandolo a lauto risarcimento a pro di M.M., dipendente comunale. Tale ultimo aveva, infatti, con ricorso depositato in data 04/06/2009, convenuto in giudizio il Comune di Sant’Agata dè Goti lamentando come le mansioni assegnategli erano incompatibili con le patologie fisiche patite. Un lavoro – come si suol definire – ‘pesante’. Pertanto, il dipendente comunale aveva- sin dall’ anno 2004 – fatto voto ai vertici comunali di essere adibito a diversa funzione. Istanze rinnovate sia nel 2006 che nel 2008. Tutte non esaudite – come attesta il medesimo carteggio oggetto della sentenza – pur essendovi disponibili mansioni alternative cui destinare il richiedente.  Non ultima, richiamata dall’ atto giudiziario, anche quella di usciere. Tutto ciò nonostante tale ultimo avesse presentato – già nel 2004 – parere del Comitato di Verifica che andava a riconoscere la dipendenza dal servizio della patologia che affliggeva il soggetto. Con la sentenza odierna il giudice del Lavoro – dottoressa Claudia Chiariotti – ha dichiarato il dipendente comunale “inidoneo allo svolgimento dell’ attività”, “condannando l’ amministrazione ad adibirlo a mansioni compatibili con il suo stato di salute e con il profilo professionale”. Nella medesima soluzione del togato si sentenzia, ancora “la condanna al risarcimento del danno da aggravamento della patologia per complessivi 130.794 euro”. La domanda che tanti si pongono è la seguente:  non si sarebbe potuto accondiscendere alla richiesta del dipendente – anche alla luce delle certificazioni presentate - scongiurando una opzione processuale che ora – giunta al suo esito - graverà in modo non affatto irrisorio sui conti comunali? Sia chiaro, in ultimo, come siano state ben due le consiliature a non aver provveduto a mutare la mansione del dipendente comunale. La questione conosce, infatti, i suoi primi atti ufficiali ben otto anni addietro; solo nel 2009, però, insediatosi il nuovo sindaco Valentino, il dipendente ha depositato il ricorso origine del procedimento da poco conclusosi. Pertanto, pare ritenersi che il dipendente avesse cercato – extrema ratio - anche presso i nuovi insediati una risoluzione alla propria questione. In ultimo, rammentiamo come non sia stata riconosciuta dalla dottoressa Chiarotti la sussistenza – ai danni del dipendente comunale – di “comportamenti persecutori o mobizzanti”.

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