Sempre schierati al fianco degli studenti ma contro l’occupazione delle scuole

Teresa Simeone - da ilvaglio.it 
La gran parte degli istituti scolastici di Benevento è stata occupata. Da giorni l’atmosfera era elettrica, nervosa, percorsa da un senso di attesa per quello che si avvertiva nell’aria. Molti docenti, pur condividendo le ragioni della protesta, hanno cercato di arginare la piena ed evitare lo stato di occupazione. Perché? Soprattutto per tutelare gli studenti e proteggerli, in qualche modo, dalla loro generosità. Chi ha vissuto esperienze analoghe sa bene che ci sono delle precise responsabilità che finiscono per ricadere su quei pochi che, alla fine della fiera, si troveranno a dover rispondere dei danni.
Nella condizione di illegalità in cui ci si viene a trovare, impedendo l’esercizio delle funzioni a dipendenti dello Stato e violando il diritto allo studio di coloro che non condividono le modalità della protesta, i minori sono scarsamente tutelati e a rischio i beni della scuola, così preziosi nei nostri tempi di crisi. Aule multimediali, postazioni di computer, Lim, opere d’arte, distributori in dotazione, materiale didattico, documenti riservati rischiano di essere, a volte del tutto inconsapevolmente, danneggiati. Ma questo sarebbe davvero niente se il pericolo non riguardasse le persone! In assenza di controllo, è facile che si inneschino meccanismi anomali e che si infiltrino, sotto mentite spoglie, teppisti e delinquenti che non hanno alcuna pacifica intenzione di protestare. Questi sono i motivi per cui molti di noi, pur comprendendo e sostenendo la mobilitazione che da gran parte della scuola e della società civile è avanzata, non possono e non vogliono legittimare un’occupazione. Abbiamo più volte, con colleghi ed amici, come Nicola Sguera, sia in classe che pubblicamente, manifestato il nostro dissenso ad una soluzione del genere pur sanzionando gli attacchi all’istruzione e allo Stato sociale che lentamente e progressivamente si stanno consumando; alcuni di noi sono stati partecipi di una notte bianca che è stata “un’appassionata serenata”, per usare un’espressione cara ad Amerigo Ciervo, un canto d’amore per una scuola sempre più dequalificata da una classe politica che, giustificata da un’oscena propaganda, altro non ha fatto che indebolirne lo spirito educativo, umiliandone la funzione. Non vogliamo lavorare di meno, vogliamo lavorare meglio per poter garantire un rapporto banco-cattedra che sia rispettoso della necessità per ogni essere umano di essere curato con attenzione, sensibilità ed efficacia formativa. E’ di tutta evidenza che un conto è seguire nel percorso di crescita 20 alunni ed un conto farlo con 34 alunni. Quale ascolto delle problematiche adolescenziali, quale parità di opportunità, quale insegnamento individualizzato, quale recupero in itinere delle carenze? Il tutto si riduce ad un vile, inutile valzer di ipocrisie, in cui tutti sono tranquillizzati dal fare il proprio dovere ma ciascuno sa di non poterlo fare fino in fondo! Lo smantellamento del Welfare; la deriva occupazionale, economica, fiscale di una crisi le cui responsabilità pesano su una finanza indifferente alle istanze sociali, ma i cui costi ricadono sui cittadini, colpevoli evidentemente di nutrirsi e riscaldarsi; la vergogna di una classe politica che ha pasteggiato ad ostriche e champagne negando acqua e carne alla povera gente; lo scippo del futuro e gli insulti continui ai giovani, chiamati di volta in volta “coglioni”, “bamboccioni”, “fannulloni”, “choosy” da parte di chi come paghetta di una sera dà ai propri figli ciò che un’intera famiglia italiana guadagna in 6 mesi; le offese alla dignità della scuola pubblica, tutto questo ha finito per generare un malessere non più contenibile, un disgusto che è confluito nelle proteste di questi giorni, facendo traboccare una misura ormai colma. Da sempre la parte più viva di una società, la sua forza propulsiva è rappresentata dagli studenti che, più liberi da riserve mentali e paure anagrafiche, ancora vergini di colpe sociali e puri negli ideali, sanno esprimere il disagio ed attivare iniziative. Non c’entra niente la strumentalizzazione cui spesso ricorrono le forze più reazionarie per sostenere la condanna delle manifestazioni al fine di smorzarne la carica d’indignazione. I nostri giovani sono intelligenti e sufficientemente informati per poter esprimere il loro malessere nelle forme che ritengono più idonee; noi adulti, però, non possiamo rinunciare al ruolo di guide, soprattutto quando si tratta di minorenni. Per questo ci sforziamo di non chiudere il canale di comunicazione con loro che, pur nelle scelte non condivise, restano i nostri interlocutori privilegiati. Molti di noi, sono convinta, continueranno ad offrire nei prossimi giorni la propria disponibilità affinchè la protesta assuma le forme di una cogestione che ci veda impegnati insieme, docenti e alunni, nell’ esplorare percorsi di ricerca e aprire spiragli di lettura dell’attuale situazione, sempre, però, all’interno di una cornice di rispetto e di legalità.

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