Amianto nelle campagne dei Cotugni

G.F.da 'Il Sannio Quotidiano' 
Un manto verde di ulivi secolari si stende tra le pendici del Taburno ed i primi agglomerati di case delle contrade santagatesi. Un quadro bucolico di natura, non lontano dalla necropoli etrusca e dal tracciato della (eternamente?) incompiuta Fondovalle Isclero, che custodisce in seno, però, quello che è grave attentato all’ ambiente nonchè alla salute umana. Le ore 12 del 20 febbraio, l’ area è quella “di confine” tra i Cotugni ed i Paolini. A margine della strada – mulattiera che congiunge Faggiano  dalla sovrastante provinciale è posta, a fare (in)degna compagnia ad una miriade di altro genere di rifiuti, una non esigua quantità di lastre di eternit. Ebbene si, eternit. Materiale a forte carica cancerogena, balzato con intensità ai disonori della cronaca, che, in quanto tale, presenta rischi altissimi per l’uomo; non a caso il medesimo è stato bandito nella relativa produzione, cessata in Italia tra il ’92 ed il ’94. Similmente è da rilevarsi come le strutture pubbliche che presentavano componenti  in siffatto materiale siano state oggetto di adeguamento e tempestiva sostituzione. Il caso santagatese è, altresì, assolutamente da codice rosso giacchè le lastre si presentano evidentemente frantumate. Sbriciolate, addirittura; una “meraviglia”, quindi, per le spore di amianto che hanno gioco facile a scorrazzare, spinte dalle correnti, nell’ ambiente circostante.
Laddove il reale rischio è quello vivente nella inalazione delle polveri. Se ne impone, come ovvio, una quanto mai celere rimozione; che, si rammenta, a tutela degli operatori, risulta sottoposta a procedure alquanto rigide e radicali. Non uno scherzo,quindi. Sorprende come ad oggi alcuno si sia avveduto di tale scomoda presenza; pur non potendo noi essere a conoscenza del tempo di permanenza in loco dei “reperti”. L’ emergenza – eternit si accompagna, altresì, in quel dei Cotugni, ad un contesto di degrado generale ed assoluto. L’ area è, praticamente, assimilabile ad una discarica a cielo aperto. Lo è da settimane, se non da mesi. Al suolo vi è una tipologia di rifiuti alquanto, giusto per rimanere in tema, multimateriale. Un mortificante schiaffo al quadro di natura circostante. La tratta in questione, per di più assolutamente dissestata nel selciato, è percorsa da una notevole mole di auto che, in prevalenza, utilizza siffatta scorciatoia per raggiungere il nosocomio del Sant’ Alfonso Maria de Liguori. Una marea di lamiere che si strozza nell’ imbuto dei Cotugni strombazzando e devastando quella che era una volta la quiete dei locali. Effetto collaterale della già citata Fondovalle – fantasma. Buona solo, ad oggi, ad aver sconquassato l’ ambiente. Dolorosa e beffarda nota finale: queste terre, oggi violentate e vilipese, sono state la millenaria culla del vaso di Asteas; ciò fino a quando, negli anni ‘70, la disgraziata mano di un tombarolo non la estirpò da queste zolle. Dove oggi vi sono rifiuti ed eternit, quindi, ieri dormiva il simbolo dell’ Europa unita. Triste celebrazione


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