LIMATOLA- Di Lorenzo: "Si faccia qualcosa contro la crisi e per il lavoro!"

di Pietro Di Lorenzo 
“Basta! Occorre fare subito qualcosa contro la crisi e per il lavoro. Si convochi un consiglio comunale aperto ai cittadini! Prima che sia troppo tardi!” Lo chiede Pietro Di Lorenzo imprenditore e amministratore comunale. L’attuale terribile momento di crisi, che dura da troppo tempo, si aggrava ogni giorno di più. Nel corso del recente passato sono state chiuse aziende importanti e vitali per lo sviluppo economico di Limatola.  La SMC,Elettrosistemi, Tesseci, Tintoseta, Beretta insieme alle decine di aziende di Cablaggio e Stampaggio, tanto per citare le più note, sono di fatto chiuse, o prossime al definitivo blocco delle attività. E’ compito degli amministratori locali intervenire, elaborando proposte concrete di rilancio produttivo del “sistema paese”.
Le residue forze produttive del territorio si trovano in condizioni precarie e chiedono ogni giorno di fare qualcosa, anche i tanti disoccupati, licenziati e precari sono lì ad invocare a gran voce un’azione di sostegno. Sono passati invano oltre 15 giorni dalle richieste della minoranza. Ancora nessuna risposta dal palazzo del Comune. Si perde del tempo prezioso invece di convocare il richiesto consiglio comunale straordinario sull’attuale condizione di crisi della nostra Limatola. Nemmeno il Prefetto ha voluto ricevere gli operai della Cablelettra. Serve quindi una mobilitazione straordinaria. Ed allora Di Lorenzo inoltrerà a tutti i deputati, senatori e consiglieri regionali, nonché al Presidente della Provincia e della Camera di Commercio, un invito - ultimatum a fare qualcosa per costituire un tavolo di crisi su Limatola. Così come si è fatto per altre aree, ad esempio nella vicina Airola, dove la Regione Campania ha destinato 30 milioni di euro. Si è perso del tempo prezioso negli anni passati. Forse oggi è ancora possibile recuperare una piano di rilancio e di aiuti per un territorio che avrebbe meritato quantomeno più attenzioni. A Limatola sono stati persi oltre 1.200 posti di lavoro, se si considera l’indotto e le tante piccole aziende “terziste”, sorte come funghi per sostenere la richiesta delle grandi aziende. Resta un territorio che sembra un paesaggio lunare, fatto di tanti capannoni abbandonati e di qualche piccola azienda prossima alla chiusura. I tanti cassintegrati e disoccupati, gli ultimi imprenditori che resistono non possono essere lasciati più da soli. Non si salverebbero. Davvero!

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