"Nel Sannio clan mafiosi che agiscono in maniera indisturbata"

da gazzettabenevento.it 
"Anche nel Sannio esistono clan mafiosi che agiscono in maniera indisturbata". Il sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Benevento, Antonio Clemente, è intervenuto, con toni preoccupati, durante la diciottesima "Giornata della memoria e dell'impegno in ricordo delle vittime delle mafie" svoltasi, questa mattina, presso l'Auditorium Calandra ed organizzata in ricordo di don Peppino Diana e di tutte le vittime della criminalità dalla Associazione della lotta alla mafia "Libera". Il magistrato, stimolato anche dai giovani studenti con numerose e pertinenti domande sulla presenza della mafia anche a livello regionale, ha lanciato un monito ed un appello: "Non abbiamo alibi: noi partendo da queste giornate di ricordo possiamo fare tanto. Non possiamo giocare al gioco dello sfascio, dobbiamo rimboccarci tutti le maniche". La giornata è iniziata nel ricordo delle 900 persone uccise dalla mafia i cui nomi sono stati declamati dagli studenti.
Per l'occasione è stata anche ricordata la figura e l'opera del prefetto Antonio Manganelli, capo della Polizia, scomparso ieri prematuramente. Una giornata quella di oggi, come ha ricordato il presidente della Associazione Libera, Amleto Frosi, che serve per poter camminare tutti insieme a testa alta contro la criminalità organizzata e per un impegno collettivo per una società civile giusta e democratica: "La legalità è verità è giustizia. Le persone che sono morte lo hanno fatto per il bene del nostro paese e quindi ora ci vuole coerenza, credibilità ed impegno per le nostre scelte". Frosi ha detto che la sua Associazione vuole essere una spina propositiva verso le istituzioni per poter costruire nuovi percorsi: "Non bisogna girarsi dall'altra parte e non bisogna confondere la giustizia con la legalità che è fin troppa strumentalizzata". La parola è poi passata al capo della Squadra Mobile della Questura di Benevento, Giovanna Salerno, la quale ha detto che la mafia è la negazione della vita: "Questa è una grande guerra iniziata dagli anni '20 che ha procurato ben 5mila vittime. Ci sono stati giovani ragazzi che sono stati freddati senza pietà e per uno scambio di persona facendo, così, privare di un futuro il nostro territorio, procurando solo dolore in quelle famiglie". Per Salerno, la mafia la si combatte con una presa di coscienza da parte di tutti i cittadini, collaborando con le Forze dell'ordine. Poi, la dirigente ha ricordato proprio il prefetto Manganelli: "Per noi questo è un giorno triste, anche perché egli si è sempre contraddistinto per la lotta alla criminalità organizzata. Ricordo, in proposito, come abbia lottato al fianco dei magistrati Falcone e Borsellino". La parola l'ha poi presa Tonino Conte, già senatore, ed oggi rappresentante della Sezione provinciale di Benevento dei partigiani. Egli ha detto che, solo attraverso la collaborazione di tutti i cittadini, si riuscirà a liberare la nostra società dalla mafia. E' indispensabile il contributo che ogni singola persona può dare a questa battaglia: "Siamo messi duramente alla prova, serve una mobilitazione forte. Il cittadino può essere padrone del proprio destino". Conte ha spiegato che la memoria diventa l'arma più importante per condurre una guerra.  La parola l'ha poi presa il sostituto procuratore Clemente il quale ha definito i camorristi dei "vigliacchi". Egli ha così spiegato la sua affermazione: "Si nascondono anche dai loro simili, cercano di sparire per non diventare essi stessi obiettivo dei loro compari. Colpiscono nell'ombra e tornano nell'ombra". Il magistrato ha poi spiegato che in Italia si è molto sviluppato il fenomeno del riciclaggio del denaro sporco proveniente dai traffici illeciti, interamente gestito da camorra e mafia. Clemente ha auspicato un cambio nella normativa sulla giustizia: "Non si può giocare sulla prescrizione dei reati, contando sulla lunghezza dei processi. In questo modo si mandano assolti i colpevoli". Ha poi parlato del rapporto tra mafia ed istituzioni che, ha detto, esiste e si è sviluppato soprattutto nel meridione, come a Napoli oppure in Calabria. Le sue radici si fondano sulle condizioni economiche difficili e sul fatto che i giovani non trovano lavoro.  Lo stesso Clemente ha, però, definito inaccettabile l'affermazione secondo la quale lo Stato abbia un certo rapporto amichevole con la mafia perché avrebbe svolto una trattativa con la stessa.  Infine, ha anche affrontato il discorso riguardante un quartiere napoletano, purtroppo ormai noto in tutto il mondo, come quello di Scampia ed ha affermato che andava affrontato in maniera diversa la stessa sua strutturazione urbanistica. A suo giudizio, invece, occorre pensare diversamente all'organizzazione economica e sociale. "Non si doveva creare un quartiere del genere, un vero e proprio ghetto: ora si dovrebbero porre le basi per consentire una diversa condizione di lavoro e di recupero delle persone con ceti più deboli". Da segnalare infine, che  è stato proiettato anche un documentario e  la  giornata  si è conclusa con l'intervento dell'imprenditore del napoletano e testimone di giustizia, Paolo Guascona.

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