Un luzzanese nel terremoto di Durazzo "Abbandonati"

(Sannio Quotidiano 28 Novembre 2019) 


Il terremoto di Durazzo dalla prospettiva di un caudino. Si tratta di Luigi Amoriello e, elemento preliminare e che realmente conta, sta bene in salute. Sta meno bene, tuttavia, dal punto di vista “logistico”. Ma andiamo con ordine. Come da cronache a tutti note, l'Albania è stata scossa da una violenta scossa che, magnitudo 6,5 e 27 morti, ha avuto epicentro Durazzo, città portuale di quasi 300.000 abitanti al di la dell'Adriatico.
Ed è qui che Amoriello si trovava al momento del sisma per motivi di lavoro. Originario di Luzzano e sposato con una donna di Sant'Agata de' Goti, l'uomo ha un'altissima professionalità in ambito sartoriale; da un po' di tempo, come detto, lo stesso si trovava nella città albanese e, purtroppo per lui, la tempistica è stata davvero infelice. Il palazzo dove Luigi vive è rimasto fortemente lesionato e per lui non vi sono state alternative ad una sistemazione in albergo, a 50 chilometri da casa, come disposto dalle Istituzioni locali.
Durazzo è in ginocchio – ci fa presente il nostro amico - Se arriverà una scossa forte, la stessa potrebbe avere effetti devastanti. Circa due mesi fa c'e' stato un terremoto ondulatorio e adesso sussultorio. Una prossima, eventuale scossa potrebbe avere un effetto ancor più drammatico sulla città”.
Le immagini che ci manda Amoriello sono, in effetti, choccanti: il suo palazzo è tagliato da fenditure spaventose nelle strutture, nel vano scale. Praticamente inabitabile, forse definitivamente. Ma, ancor più impressionante è il fatto che vere e proprie “spaccate” corrano lungo il suolo. Come se lo stesso, per alcuni centimetri, si fosse letteralmente aperto. Casa e cose abbandonate, quindi, e – ulteriore aggravante – anche una scarsa “assistenza” che viene lamentata da parte delle Istituzioni locali.
“Nessuno ha aiutato noi italiani”, denuncia Amoriello. Che rivela, ancora, come tutte le sue conoscenze siano state sistemate in alberghi ad ampia distanza dalle abitazioni. Ed un appello finale “Spero che almeno la nostra Ambasciata si interessi a noi”  

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