Barbarie ad Airola: cagna avvelenata, cuccioli salvi per un soffio

 Sannio Quotidiano 15 Gennaio 2021


(giu.for) Avevano tentato di avvelenare una mamma con la intera cucciolata. Riuscendo solo a metà, nel loro criminale intento, e solo grazie al provvidenziale intervento dell'associazione “Cuori randagi”. Succede ad Airola dove, dietro segnalazione di un privato cittadino, le volontarie sono intervenute in zona Cortedona dove era stata segnalata la presenza di una cagnetta morta circondata da diversi cuccioli di pochi giorni di vita. “Cuori randagi” si è prontamente portata sul posto potendo effettivamente constatare l'insistenza sul posto di un cane femmina adulto privo di vita che presentava chiari segni di avvelenamento. Intorno una nidiata di cagnolini che, stante la mancanza di dentizione, sono stati giudicati avere un periodo di vita sicuramente inferiore ai 30 giorni. La macchina del soccorso e della solidarietà si è immediatamente attivata prendendo in carico i piccoli orfanelli e tentando di strapparli a quella che, anche per loro, sarebbe stata morte certa. Gli animali sono in stallo presso una delle volontarie che sta allevando gli stessi con latte di capra. Se la caveranno ma, come detto, è stata solo la tempistica di intervento a tracciare la linea di demarcazione tra vita e morte. Resta, ovviamente, lo sgomento rispetto all'azione di colui o colei che non ha esitato ad avvelenare la randagia – col chiaro intento di liberarsi anche dei piccoli. Nessuno scrupolo, così come alcuno scrupolo avevano avuto coloro i quali, in recente passato, si erano liberati di cucciolate rinchiudendole in buste scagliate da auto in corsa; come chi, mesi addietro, ebbe l'atroce coraggio di impalare mortalmente un gatto. O come chi, ancora, ha tentato di avvelenare, per ben tre volte, una medesima cagnolina. Storie di ordinaria follia che pretenderebbero uno sforzo particolare in termini di individuazione delle responsabilità, sempre ricordando come la fattispecie delittuosa del maltrattamento animale – articolo 544-ter del Codice penale – preveda, in via massima, 18 mesi di reclusione e 30.000 euro di multa per quanti riconosciuti colpevoli della particolare fattispecie. In attesa – se e quando – di un “esempio”, resta l'azione di quanti investono risorse di tempo e denaro nel tentativo di alleviare sofferenze e frenare un fenomeno – quello del randagismo – che avrebbe, diversamente, un impatto squassante sul territorio.

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